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Tribunale per i Minorenni di Palermo - Ministero della Giustizia

Tribunale per i Minorenni di Palermo
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Il Tribunale per i Minorenni

 

Il termine latino, da cui deriva l’italiano "tribunale", indicava in origine la tribuna dalla quale il giudice amministrava la giustizia. Nell’ordinamento giudiziario italiano il tribunale identifica l’organo giurisdizionale che ha composizione monocratica o collegiale (giudice unico di primo grado). Nel campo civile ha competenza per tutte le cause che non sono di competenza del giudice di pace. E’ inoltre sempre competente per tutte le cause relative allo stato e alla capacità delle persone, per la querela di falso, per la dichiarazione di fallimento e le cause che ne derivano, oltreché per le controversie di valore indeterminabile. E’ inoltre giudice di appello rispetto alle sentenze del giudice di pace. In materia penale, il tribunale ordinario, che esercita la giurisdizione in primo grado, è competente per i reati che non appartengono alla competenza del giudice di pace o della corte di assise.

La funzione fondamentale del Tribunale è quella di assicurare una risposta giusta e fornita in tempi ragionevoli alle esigenze dei cittadini di vedere risolte le loro controversie – di ampio spessore oppure minute – tanto da costituire da sempre “la ragionevole durata del processo“ un obiettivo da perseguire, oltre che un valore fondamentale della nostra Costituzione. Lo stesso art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 1950, entrata in vigore nel nostro ordinamento solo nel 1955, sancisce “Il diritto di ogni persona ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti un Tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta“.

Statuizione questa, sinteticamente espressiva di fondamentali principi giuridici elaborati dai sistemi giuridici europei, che ha oggi trovato un ulteriore riconoscimento nell’art. 111 Cost., nel quale, tra l’altro si è ritenuto di ribadire che “La legge assicura la ragionevole durata“ del processo in condizioni di parità tra le parti e di imparzialità e terzietà del giudice.

Cenni di storia dei Tribunali per i Minorenni

I primi organi giudiziari esclusivamente dedicati alle persone che non hanno raggiunto la maggiore età fanno la loro comparsa soltanto verso la fine del 1800. È infatti nel Diciannovesimo secolo che, sulla scorta di grandi rivoluzioni del pensiero e della coscienza sociale, si sviluppò con sempre maggior nitidezza la consapevolezza che i bambini hanno bisogni ed esigenze di protezioni differenti, che vanno tutelati in modo apposito. A partire dall’area penale, si fece largo l’idea che chi ha commesso un reato prima di compiere la maggiore età non potesse essere trattato come un adulto, anche a livello giuridico.

Le origini della giustizia minorile in Italia

In Italia, il primo atto concreto in questa direzione è una circolare del 1908, in cui l’allora ministro della Giustizia Orlando pose in luce la necessità di “specializzare” alcuni magistrati alla trattazione dei procedimenti verso imputati minori di età. L’anno successivo si insediò una apposita commissione ministeriale, che lavorò per istituire una magistratura specializzata e redigere un progetto di Codice specifico per la giustizia minorile. Terminato nel 1912, il progetto della Commissione non riuscì però a diventare legge: fu solo nel 1934 – col Regio Decreto Legge n. 1404 “Istituzione e funzionamento del Tribunale per i Minorenni” – che venne finalmente creato un sistema organico per la giustizia minorile. Sebbene il risultato finale – l’istituzione dei tribunali per i minorenni – fosse stato finalmente raggiunto, il ruolo che venne loro assegnato si discostò molto dai lavori della Commissione. Venne comunque formalmente creato un organo specializzato, nel quale era prevista la presenza, accanto a due magistrati, di un ulteriore membro, esperto di scienze umane o mediche.

Il dopoguerra e il principio di prevenzione

Dopo la caduta del fascismo, ebbe inizio un costante e progressivo sviluppo legislativo, sull’impulso dei rilevantissimi articoli della Costituzione che contengono importanti isposizioni circa il diritto di famiglia e dei minori. Dapprima, nel 1956, si affermò nella legislazione il principio secondo il quale, per il minore, dovesse essere preferita una misura educativa rispetto a una sanzione penale: la violazione di una legge era dunque vista e letta come sintomo di un disagio relazionale e personale, che necessitava dunque non di una punizione ma di un adeguato trattamento pedagogico e psicologico (“rieducazione”).
Nel 1967 venne approvata la legge sull’adozione speciale: fu la prima di una serie di riforme che portò a un allargamento delle competenze civili del Tribunale per i Minorenni, andando a ricomprendere l’intero settore dell’adozione dei minori. Questi cambiamenti avvengono nel solco anche del passaggio dal concetto di “potestà” dei genitori a quello di “responsabilità”, nell’idea che sia necessario lavorare molto più sulla prevenzione prima di un reato, che sulla punizione dopo.
L’interazione è sempre più stretta con i servizi sociali e assistenziali: più si diffonde questo approccio, più diventa evidente come un giudice che si occupi dei minorenni debba avere competenze differenti e saperi specialistici, che vanno oltre il diritto, per abbracciare e comprendere i molteplici, potenziali problemi dell’età dello sviluppo. A cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80, una serie di leggi dà la spinta decisiva verso una maggiore specializzazione della figura del giudice per i minorenni, ampliando la necessità di interloquire direttamente con i servizi sociali, per tradurre l’azione della giustizia, dove possibile, verso interventi concordati e monitorati.
È nel 1983, ad esempio, che viene disciplinata la possibilità di ricorrere all’affidamento familiare, come via intermedia tra una assistenza nell’ambito della famiglia e una adozione al suo esterno. Più in generale, si consolida sempre di più una visione complessiva di protezione dei diritti del minore, tutelati all’interno di un sistema che si regge su due gambe fondamentali: quella giudiziaria e quella assistenziale. In questo ambito il Tribunale per i Minorenni tenta prioritariamente di recuperare le capacità dei genitori, e in generale il contesto di relazioni in cui il minorenne si trova a crescere. In particolare, per favorire uno sviluppo sano e sereno della personalità del minore all’interno del suo gruppo familiare, si promuove la collaborazione dei genitori e dei parenti entro un progetto di sostegno e monitoraggio elaborato dal Tribunale per i Minorenni con la collaborazione dei servizi territoriali e specialistici, tra cui, principalmente, Servizio Sociale, Ufficio Affido, Consultorio Familiare, Servizio di Neuropsichiatria infantile, Servizio di Psicologia, Servizio Tossicodipendenze, Dipartimento di Salute Mentale; associazioni di volontariato e altri enti.


 

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